COMMENTO ALL’ORDINANZA DELLA CASSAZIONE N. 5617 DEL 28/02/2020 ED ALLA LA GIURISPRUDENZA DI LEGITTIMITA’ SULL’ONERE DELLA PROVA DELLA CESSIONE DEI CREDITI PREVISTA DALL’ART. 58 TUB
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Il fatto
A) La società UniCredit Credit Management Bank propose domanda di insinuazione al passivo del fallimento di una società avanti al Tribunale di Cagliari per un credito originariamente vantato da Unicredit Corporate Banking.
Nel ricorso UCMB (dora in poi così denominata UniCredit Credit Management Bank spa) nell’insinuarsi al passivo del fallimento si qualificò mandataria di Impresa One srl SPV omettendo tuttavia di allegare all’istanza:
- la procura rilasciatale da Impresa One srl SPV;
- la fusione tra Unicredit Corporate Banking ed Unicredit spa;
- l’atto di cessione del credito da Unicredit spa ad Impresa One srl SPV;
- il contratto di servicing con la quale la SPV avrebbe conferito ad UCMB l’incarico in qualità di servicer di procedere al recupero del credito.
Il Giudice Delegato su eccezione formulata dal Curatore non ammise il credito.
B) Su ricorso proposto da UCMB il Tribunale di Cagliari respinse l’opposizione rilevando il difetto di prova della legittimazione attiva della ricorrente fondando la decisione su due rilievi decisivi in ordine al difetto di prova della legittimazione ad agire in capo a UCMB per:
- difetto di prova del produzione del contratto di cessione essendosi UCMB limitata a produrre solo l’avviso di cessione pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 109 del 20/09/2011;
- la pubblicazione dell’avviso, l’iscrizione nel Registro Imprese e la comunicazione del debitore, non erano sufficienti alla dimostrazione della asserita prova della legittimità ad agire, rivestendo detta pubblicazione, unitamente a quella della pubblicazione nel Registro Imprese, solo carattere sostitutivo della notificazione della cessione al debitore ceduto previsto dall’art. 1264 c.c. così come si ricava dalla formulazione letterale del 2°, 3° e 4° comma dell’art. 58 TUB e dalla costante giurisprudenza di legittimità con la conseguenza che i suddetti adempimenti pubblicitari si pongono su di un piano nettamente distinto (quello degli adempimenti pubblicitari) rispetto alla prova del fatto costitutivo della titolarità del credito, che nel concreto era rimasta sguarnita.
C) Avverso questo provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione UCMB in nome e per conto di Impresa One srl SPV proponendo due motivi di ricorso.
Con il primo motivo ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli articoli 111 e 124 Cost. nonché gli articoli, 101, 183 c.p.c. ed art. 1697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c n. 3 e 4 per avere il Tribunale emesso una sentenza “a sorpresa” su questioni rilevabili d’ufficio ma sulle quali non ci sarebbe stato alcun confronto processuale tra le parti avendo il Giudice Delegato rigettato la domanda di insinuazione sul solo unico presupposto della mancanza dell’atto di fusione tra Unicredit Corporate Banking ed Unicredit spa.
Con il secondo motivo di ricorso UCMB eccepisce la violazione e falsa applicazione dell’art. 58 TUB in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, fondandola su un quadruplice assunto:
- la pubblicazione ex art. 58 Tub sarebbe prova idonea e sufficiente ad attestare la prova della legittimazione in capo ad UCMB a far valere la pretesa creditoria;
- non sarebbe necessario produrre l’atto di cessione in quanto la pubblicazione sulla G.U. sostituirebbe la notifica dell’atto;
- la mancanza di opposizione nei tre mesi dall’avvenuta pubblicazione determinerebbe l’accettazione da parte del debitore ceduto che funzionerebbe come prova sostitutiva della produzione dell’atto;
- non essendo prevista dalla legge la notificazione dell’atto di cessione al debitore ceduto la pubblicazione in G.U. avrebbe detta funzione sostitutiva.
Entrambi i motivi sono stati rigettati dalla Cassazione.
D) Il primo in quanto la pretesa di UCMB di ritenere la sussistenza di diritti quesiti nel procedimento di ammissione al passivo è destituita di fondamento per una quadruplice ragione:
- chi chiede di essere ammesso a partecipare al passivo fallimentare deve provare il proprio diritto sotto ogni profilo in cui lo stesso si articola posto che la verifica di tutte le condizioni richieste per poter partecipare al riparto dell’attivo è l’oggetto del procedimento di ammissione;
- il Giudice è tenuto ad accertare anche d’ufficio il fondamento giuridico della domanda in ogni stato e grado del processo indipendentemente dalla attività processuale del richiedente;
- nel giudizio di opposizione allo stato passivo possono essere introdotte eccezioni non formulate in sede di verifica;
- peraltro nella fattispecie il curatore aveva eccepito il difetto della prova della legittimazione ad agire.
E) Il secondo motivo viene rigettato per le seguenti ragioni:
a) secondo la Corte la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale non ha la funzione di attestare la legittimazione attiva del cessionario dei crediti;
b) né quella di omologare la funzione sostitutiva prevista dall’art. 58 comma 4°[1] ma quella di sostituire la funzione dell’art. 1264 tesa ad impedire l’eventualità di pagamenti liberatori fatti dal debitore al cedente;
c) la specialità della norma non incide né sulla disciplina dei conflitti tra cessionari (1265 c.c.) né sui conflitti tra cessionario e creditore del cedente; né sull’efficacia della cessione riguardo al debitore ceduto (1264 c.c. e 1248 c.c.);
d) l’art. 58 4° comma infatti si limita a stabilire la data dalla quale il pagamento fatto nelle mani del cedente non libera il debitore ceduto (Cass.22548/18), sempre che sussista effettivamente una cessione posto che il suddetto 4° comma si applica solo al caso in cui tale cessione sussista ma non dimostra che la stessa esista;
e) la pubblicazione sulla gazzetta Ufficiale e l’iscrizione al Registro delle Imprese sono estranei al perfezionamento della fattispecie traslativa (Cass.22548/18) né alla produzione del relativo effetto non avendo valenza costitutiva e nemmeno di sanatoria di eventuali vizi dell’atto né fanno parte della documentazione contrattuale attinente alla fattispecie traslativa.
- il secondo comma dell’art. 58 richiede soltanto che sia data “notizia” dell’avvenuta cessione e cioè di un fatto estremamente ridotto di estrema sintesi; in questa prospettiva la pubblicazione in G.U. non può altro che essere un elemento indicativo dell’esistenza materiale del fatto della cessione intervenuto tra due soggetti ad una determinata data in termini generici se non proprio promiscui ad “aziende, rami d’azienda, bene e rapporti giuridici in blocco” secondo il comma 1° dell’art. 58 TUB;
g) di certo la pubblicazione in questa minima struttura informativa non dà contezza e non consente di compulsare la reale efficacia dell’operazione di cessione;
h) è jus receptum della giurisprudenza di legittimità che “chi si afferma successore a titolo universale o particolare della parte originaria” ai sensi dell’art. 58 TUB ha l’onere puntuale di “fornire la prova documentale della propria legittimazione” con documenti idonei a dimostrare l’incorporazione e l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco (Cass.2/3/16 n. 4116);
i) la cessione in blocco di credito non è soggetta a formula richieste al fine della loro validità ma è frutto di operazioni di ampia importante dimensione con l’indicazione di linee confinarie di crediti inclusi od esclusi spesso molto sottili quando non frutto di peculinari tecniche aziendali e di analisi di rischio con conseguente necessità di una chiara e puntuale documentazione contrattuale rispondente al principio di sana e prudente gestione di cui all’art. 5 TUB.
l) Ai fini della dimostrazione della legittimazione del soggetto istante (nella fattispecie per l’ammissione al passivo del fallimento) l’art. 58, 2° comma TUB pur non imponendo un contenuto informativo minimo richiede che la comunicazione relativa da pubblicare alla G.U contenga diffuse ed approfondite notizie, senza lasciare incertezze od ombre si sorta in relazione al necessario rispetto del principio di determinazione dell’oggetto e del contenuto del contratto ex art. 1246 sui crediti inclusi od esclusi nell’ambito della cessione;
m) tale esigenza di chiarezza e determinatezza è finalizzata a consentire al Giudice secondo il suo prudente apprezzamento di verificare la sussistenza della legittimazione attiva del soggetto che assuma essere titolare del credito oggetto della cessione (Cass. 5884/2019);
n) nella fattispecie la Corte ha rilevato che UCMB non ha riportato i contenuti dell’avviso di cessione concretamente rilevanti e pubblicati in G.U. né indicato gli atti del giudizio di merito in cui li avrebbe – ipoteticamente – riportati nel suddetto giudizio.
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Ci si è voluti dilungare nella descrizione dei particolari della decisione estrapolando dal testo letterale dell’ordinanza il contenuto diffuso della medesima posto che i principi affermati dalla suddetta ordinanza non sono nuovi ma appartengono alla consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, pur con qualche non significativa eccezione.
Vorremo ricordare innanzitutto i precedenti favorevoli, quelli sia dichiaratamente contrari e quelli posti in un limbo di mezzo per aver deciso a causa degli ristretti limiti che disciplinano il giudizio di legittimità a sua volta vincolati dalla formulazione dei motivi di ricorso proposti nelle singole fattispecie.
Tra le sentenze conformi, oltre a quelle espressamente citate dall’ordinanza in commento, richiamiamo la sentenza delle Sezioni Unite 2951 del 16/02/2016 che ha stabilito innanzitutto la differenza tra legittimazione ad agire ed alla titolarità della soggettiva vantata in giudizio e le regole processuali che le disciplinano.
Secondo le Sezioni Unite la legittimazione ad agire attiene al diritto di azione che spetta a chiunque faccia valere in giudizio un diritto assumendo di essere titolare.
La sua carenza di prova può essere eccepita in ogni stato e grado del giudizio e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.
Mentre invece la titolarità della posizione soggettiva vantata in giudizio attiene al merito della causa ed è un elemento costituito del diritto fatto valere dalla domanda che l’attore ha l’onere di allegare e provare.
Detta prova può essere provata sia in positivo dall’attore ma anche in negativo dal comportamento processuale del convenuto qualora quest’ultimo riconosca espressamente detta titolarità oppure svolga difese incompatibili con la titolarità.
Di conseguenza la difesa con la quale il convenuto si limiti a dedurre ed argomentare, senza contrapporre e chiedere di provare fatti impeditivi estintivi o modificativi, che l’attore non è titolare del titolo azionato, deve essere qualificata come mera difesa e non come un’eccezione nel senso stretto, proponibile esclusivamente a pena di decadenza solo in sede di costituzione in giudizio e non rilevabile d’ufficio.
Ciò precisato appare evidente come nel caso di cessione di credito l’art. 58 TUB la decisione dell’ordinanza in commento appare conforme innanzitutto alla decisione delle Sezioni Unite 2951/2016 che impone a chi agisce in giudizio affermando di esserne titolare, di provare sia la legittimazione ad agire sia la titolarità della posizione soggettiva (a meno che per quest’ultima vi sia stata acquiescenza da parte del convenuto).
Il difetto della legittimazione ad agire può essere eccepita e rilevata dal Giudice d’ufficio in ogni stato e grado del processo con la precisazione che in secondo grado ed in Cassazione soltanto nei limiti in cui non si sia formato il giudicato e nel giudizio di Cassazione nei limiti della deducibilità dei motivi prescritti per tale titolo.
Tra le sentenze di merito che richiedono, per la dimostrazione della propria legittimità ad agire, la produzione del contratto di conto corrente, ove la pubblicazione della Gazzetta Ufficiale non sia sufficiente al fine di identificare il credito soggetto all’esame del Giudice tra quelli ceduti ricordiamo le seguenti sentenze: n. 923/2019 del 28/10/2019 del Tribunale di Forlì; n. 4710/2019 del 31/10/2019 della Corte d’Appello di Venezia; n. 288/2019 del 09/04/2019 del Tribunale di Ferrara; n. 1384/2018 del 07/08/2019 del Tribunale di Benevento; ordinanza del 17/04/2013 del Tribunale di Cagliari, oltre a quelle confermate dalla giurisprudenza della Cassazione già citate e le successive che di seguito saranno menzionate.
Tra quelle di legittimità ricordiamo in particolare Cass. Sez. III Ord. 31/01/2019 n. 2780 che ha rigettato il ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello di Cagliari n. 178/2016, la quale, nonostante la produzione di un rogito notarile stipulato da un Notaio Londinese ha dichiarato la carenza di legittimazione attiva della Banca ricorrente stante l’incompletezza del suddetto rogito e la genericità dell’avviso pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.
Con una successiva ordinanza n. 15884 del 13/06/2019, pronunciata tra le stesse parti, ed avente ad oggetto crediti qualificati in sofferenza, la Corte di Cassazione ha deciso parzialmente in difformità rilevando non un difetto di prova della documentazione addotta ma una carenza di giudizio da parte del Giudice di Merito (di nuovo la Corte d’Appello di Cagliari con la sentenza n. 488/2016) che non avrebbe verificato se il credito sottoposto al suo esame avesse avuto le caratteristiche del credito in sofferenza, descritto nella pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e secondo siffatta qualificazione rinvenibile nelle istruzioni della Banca d’Italia.
Quindi la Corte non è entrata nel merito circa la sufficienza o meno della produzione della pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale ai fini della prova dell’esistenza del credito ceduto ma si è limitata a censurare il vizio che avrebbe inficiato la decisione del Giudice di Merito laddove non avrebbe effettuato il confronto tra il tipo di credito sottoposto al suo giudizio e quello pubblicizzato sulla Gazzetta Ufficiale, asserativamente oggetto di cessione dalla società appellata a favore della società appellante.
In pratica la Corte ha individuato il vizio di motivazione laddove il giudice di merito non avrebbe verificato se il credito soggetto al suo giudizio fosse rientrato o meno nei crediti classificati in sofferenza secondo la descrizione contenuta nella pubblicazione sulla G.U. e secondo le forme integrative di pubblicità che la Banca d’Italia, per legge (art. 58 TUB, 2° comma), ha la possibilità di adottare.
Di fatto la Banca d’Italia è più volte intervenuta nella definizione dei crediti in sofferenza secondo le istruzioni dettate di volta in volta a partire dall’anno 2001, al fine di chiarire le caratteristiche ed i contenuti dell’avviso da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale da parte dei cessionari dei crediti.
Dette istruzioni sarebbero contenuti nel bollettino di vigilanza n. 7/2001 che dal tenore della sentenza non risulta peraltro prodotto oltrechè nemmeno menzionato.
Sul punto ed in relazione agli elementi di determinatezza delle suddette istruzioni ci preme rammentare come con l’ordinanza 28803/2019 (posteriore all’ordinanza 15884/2019) la Corte di Cassazione aveva rilevato che la Banca d’Italia non aveva emesso soltanto una sola circolare ma altre ad esempio nel giugno 2005 e nel 2006 definendo i crediti in sofferenza in modo tale da consentire tuttavia da non giudicare trasparente siffatte definizioni inidonee ad identificare con effettiva certezza sia i crediti classificati in sofferenza che quelli definiti “anomali” ovvero “in default” ovvero “incagliati” “i crediti ristrutturati” ed “i crediti scaduti o sconfinati”.
L’ordinanza 28803/2019 ha infatti definito generica e non dotata del requisito della determinatezza o della determinabilità la regolamentazione adottata dalla Banca d’Italia.
Tra le sentenze favorevoli indichiamo ancora 24050 del 26/09/2019 che ha riaffermato il principio della necessità della prova della legittimazione ad causam per il cessionario che sostenga di essere subentrato alla medesima posizione del cedente, nonché la 10518/2016 che ha rilevato la mancata produzione di documenti idonei a dimostrare l’inclusione del credito oggetto di causa nell’operazione di cessione in blocco ex art. 58 TUB essendo obbligata la parte che afferma di essere cessionaria del credito a fornire la prova documentale della propria legittimazione a meno che la controparte l’abbia esplicitamente riconosciuta con ciò richiamando Cass. 4116/2016.
Va ricordata altresì la sentenza n. 4453 del 23/02/2018 con la quale la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una SPV esclusa dal passivo del fallimento per non aver prodotto il contratto di cessione dei crediti contro la sentenza n. 146/2016 del Tribunale di Treviso che aveva da un lato ritenuto insufficiente la produzione dell’avviso di cessione pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale in quanto da tale atto non poteva derivare la prova della stipulazione del contratto e dall’altro non esser stato dimostrato che il credito vantato rispondesse ai quattro criteri pubblicati nell’avviso di pubblicazione che dovevano sussistere cumulativamente.
La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza del Tribunale di Treviso rigettando i tre motivi di ricorso formulati dalla SPV.
Il primo motivo riguardava l’asserita non contestazione da parte della Curatela dell’avvenuta cessione del credito
Il secondo motivo riguardava la ritenuta sufficienza della produzione dell’avviso di pubblicazione ai fini della prova dell’avvenuta cessione.
Il terzo motivo denunciava la contraddittorietà della motivazione circa un fatto della controversia non avendo il Tribunale preso in considerazione che la ricorrente in una procedura esecutiva immobiliare nella quale era intervenuta in sostituzione del cedente aveva incassato somme nonostante l’opposizione della Curatela.
La Corte ha rigettato il primo motivo affermando che comunque l’obbligo di provare la legittimazione attiva incombeva sull’attore quale elemento costitutivo della domanda, secondo Sez. Un. 2951/2016, e che comunque la Curatela aveva contestato la legittimazione e che il difetto di legittimazione poteva essere sollevato d’ufficio dal Giudice posto che l’eccezione del difetto di legittimazione non è un’eccezione in senso stretto il cui onere grava su chi l’eccepisce e con obbligo di proporla nella prima difesa.
La Corte ha poi rigettato il secondo motivo rilevando come il ricorrente non aveva censurato la parte della motivazione che aveva affermato l’inesistenza della prova del credito oggetto di causa soddisfacesse due dei quattro criteri previsti nell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale al fine di ritenerlo ricompreso nell’atto di cessione e che comunque si trattasse di crediti per i quali le azioni di recupero erano riservate alla ricorrente.
La Corte ha rigettato pure il terzo motivo rilevando come l’avvenuto soddisfacimento in sede esecutiva della ricorrente non escludeva la necessità di sottoporre il relativo credito ad autonoma verifica al passivo del fallimento.
Con sentenza n. 31188 del 29/12/2017 la Corte di Cassazione pur cassando la sentenza del Tribunale di Palermo del 14/10/2011 sul presupposto che non avesse verificato se il credito azionato fosse o meno riconducibile ad una delle categorie enunciate nell’avviso di pubblicazione sulla G.U. prodotta in giudizio.
La Corte in accoglimento delle censure proposte in ricorso rilevò il vizio della sentenza di merito nell’essersi limitata la Corte distrettuale ad affermare che l’atto stipulato dalla SPV con la banca cedente dovessero contenere la specifica indicazione del credito ceduto giudicando insufficiente la produzione dell’avviso di pubblicazione recante la sola indicazione delle categorie dei rapporti esclusi dalla cessione ha tuttavia formato un fondamentale giudizio e cioè che pur non essendo obbligatorio l’indicazione del singolo rapporto in maniera specifica tuttavia la descrizione dei rapporti ceduti e gli elementi presi in considerazione per la formazione delle singole categoria consentano di individuare senza incertezze i rapporti delle cessioni sulla base di elementi oggettivi e prestabiliti risultanti dallo stesso contratto, così come precedentemente affermato nelle sentenze Cass. 5385/2011, 18361/2004, 6201/1995.
Secondo Cass. 18258/2014 (che ha deciso negativamente sulla sussistenza della legittimazione passiva di una banca convenuta, individuata erroneamente dall’attore quale cessionaria dell’azienda di altra banca) qualora dalla lettura dell’avviso di cessione di azienda bancaria, secondo il testo pubblicato in G.U. ai sensi dell’art. 58 Tub, non sia sufficientemente chiaro stabilire se la legittimazione spetti al cessionario dell’azienda bancaria per scarsa trasparenza del testo dell’avviso, spetta al creditore dimostrare la legittimazione della banca debitrice cessionaria dei crediti in contestazione.
Nella fattispecie il testo della pubblicazione aveva un così alto grado di equivocità che si prestava ad essere interpretato dalla parte resistente in termini diametralmente opposti a quelli della parte ricorrente.
Ai fini poi della decisività del motivo ed in particolare del rapporto di causalità logica tra la circostanza che si assume trascurata e la soluzione adottata con motivazione della sentenza è necessario dimostrare attraverso un giudizio di certezza e non di mera probabilità logica che quelle circostanze ove prese in considerazione avrebbero portato ad una diversa soluzione della controversia.
Donde conclude la Corte la parte ricorrente avrebbe dovuto mediante richiesta di esibizione o di produzione dell’atto notarile di cessione ovvero dei documenti della contabilità aziendale della cessionaria che il ramo d’azienda conferito dalla cedente alla cessionaria comprendesse anche i rapporti debitori facenti capo alla cedente.
Il che dimostra, a parte la specificità del caso, che la produzione dell’atto di cessione si appalesa necessaria al fine di evitare l’insorgere di infinite questione che appesantiscono inutilmente la dialettica della controversia in ordine alla interpretazione delle locuzioni spesso condizionate dai tecnicismi di tecnica bancaria dal significato non assolutamente assodato e spesso controverso.
L’esperienza della pratica quotidiana insegna l’uso sempre più frequente nel lessico bancario di parole o addirittura di locuzioni espresse in lingua inglese tratte dal linguaggio tecnico-finanziario ed aventi significati ben difformi dalle corrispondenti traduzioni.
Le circolari della Banca d’Italia (in specie quelle volte a definire il significato di locuzioni quali ad esempio “crediti deteriorati” detti anche “NPL” – acronimo della locuzione Non Performing Loans – ed in quante categorie si suddividano -oggetto della sentenza 28803/2019 ovvero di altre categorie di crediti quali gli “UTP”- acronimo della locuzione “Unlinkle To Pay che starebbe a significare “inadempienze probabili”) per quanto ridondanti e minuziose non possono essere in grado di abbracciare ed inseguire sia l’effettivo significato che danno le parti del contratto di cessione a queste locuzioni sia tutte le molteplici sfaccettature dei contratti di cessione e le spesso complesse segmentazioni dei relativi atti.
Spesso assistiamo infatti ad evanescenti descrizioni contenute negli avvisi ove le classificazioni e le definizioni di crediti deteriorati od inadempienze probabili e di altri tipi di crediti e la loro inclusione nell’uno o nell’altro segmento, in assenza di una chiara ed univoca definizione e delimitazione dei casi, generano una assoluta non trasparenza dei relativi atti ed una chiara ipotesi di indeterminabilità od indeterminatezza del contenuto dei corrispondenti atti di cessione, a sua volta generatrice di una serie infinita di contestazioni.
Del resto la varietà della casistica offerta sia dalla giurisprudenza di legittimità e di merito non può che condurre alla necessità della produzione degli atti di cessione al fine di consentire alle parti del processo ed in ultima istanza al giudice di pronunciarsi liberamente senza il filtro della mera produzione degli avvisi di cessione pubblicati sulla G.U. sulla portata degli atti di cessione dei crediti cartolarizzati eliminando in tal modo la gran parte delle questioni processuali attinenti sia legittimazione ad agire ed a contraddire che la titolarità attiva e passiva del rapporto controverso.
D’altronde ritenere che la descrizione degli avvisi, lasciata ad una sola delle parti del rapporto trilaterale, (cedente-cessionario-debitore) rispecchi fedelmente quanto oggetto del contratto di cessione e costituisca una prova sia dell’avvenuta cessione dei rapporti dedotti in giudizio e della loro inclusione in quelli oggetto della cessione costituisce una forzatura del principio del contraddittorio e della libera disponibilità della prova da parte del giudice il quale di certo non può giudicare il contenuto del contratto di cessione senza averlo preventivamente esaminato.
Come s’è visto infatti il sistema di pubblicità ex art. 58 TUB è del tutto estraneo al perfezionamento della fattispecie traslativa.
Donde l’inadeguatezza della tesi di ritenere sufficiente ai fini della prova della legittimazione ad agire e della inclusione del contratto nel novero di quelli menzionati nell’avviso la sufficienza della produzione dello stesso.
Forlì 10 giugno 2020
Avv. Francesco Roli
[1] L’art. 58 TUB così testualmente recita: 1. La Banca d’Italia emana istruzioni per la cessione a banche di aziende, di rami d’azienda, di beni e rapporti giuridici individuabili in blocco. Le istruzioni possono prevedere che le operazioni di maggiore rilevanza siano sottoposte ad autorizzazione della Banca d’Italia.
2. La banca cessionaria dà notizia dell’avvenuta cessione mediante iscrizione nel registro delle imprese e pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. La Banca d’Italia può stabilire forme integrative di pubblicità.
3. I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. Restano altresì applicabili le discipline speciali, anche di carattere processuale, previste per i crediti ceduti. (259)
4. Nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’art. 1264 del codice civile.
5. I creditori ceduti hanno facoltà, entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2, di esigere dal cedente o dal cessionario l’adempimento delle obbligazioni oggetto di cessione. Trascorso il termine di tre mesi, il cessionario risponde in via esclusiva.
6. Coloro che sono parte dei contratti ceduti possono recedere dal contratto entro tre mesi dagli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità del cedente.
7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle cessioni in favore dei soggetti, diversi dalle banche, inclusi nell’ambito della vigilanza consolidata ai sensi degli articoli 65 e 109 e in favore degli intermediari finanziari previsti dall’articolo 106.