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COMMENTO ALL’ORDINANZA CASS. 11-03-2019, N. 6987: CLAUSOLE ANATOCISTICHE STIPULATE ANTE DLGS 342/1999

COMMENTO ALL’ORDINANZA CASS. 11-03-2019, N. 6987: CLAUSOLE ANATOCISTICHE STIPULATE ANTE DLGS 342/1999

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CLAUSOLE ANATOCISTICHE STIPULATE ANTE DLGS 342/1999: L’ORDINANZA DELLA CASSAZIONE 6987/11.3.2019 TENTA DI RIDIMENSIONARE CORTE COSTITUZIONALE 425/2000 PONENDOSI IN CONTRASTO CON IL COSTANTE ORIENTAMENTO DELLA CASSAZIONE E DEI GIUDICI DI MERITO.

COMMENTO ALL’ORDINANZA CASS. 11-03-2019, N. 6987. Relatore Massimo Falabella.

L’ordinanza nel respingere il ricorso del cliente della banca contro una sentenza della Corte d’Appello di Palermo del 27.9.2014, che, su appello della banca aveva parzialmente riformato una sentenza del Tribunale di Caltanisetta, asserendo che gli interessi passivi,da conteggiare al tasso legale dall’inizio del rapporto fino al 30 giugno 2000, da quella data dovevano essere capitalizzati trimestralmente, anche in mancanza di una pattuizione scritta, giacchè a far data dal 1 luglio 2000 la banca aveva conferito la stessa periodicità agli interessi creditori e debitori, aveva pubblicizzato in G.U. il nuovo regime, dandone notizia al cliente nei termini ed in conformità a quanto previsto dagli articoli 3 e 7 della delib. CICR del 9 febbraio 2000.

Il ricorrente, deducendo l’inettitudine della delibera CICR a derogare la regola posta dall’art. 1283 c.c. per i contratti stipulati ante d.lgs. 342/1999 chiedeva la Cassazione della sentenza unitamente al Pubblico Ministero d’udienza sul rilievo che la pronuncia di incostituzionalità del  D.Lgs. n. 342 del 1999, art. 25, comma 3 (Corte cost. 17 ottobre 2000, n. 425) avrebbe fatto venir meno il presupposto legittimante la disciplina dettata dall’art. 7 della delibera CICR 9.2.2000.

Sia il ricorrente che il Pubblico Ministero sostenevano come noto che le previsioni della delibera CICR del 9 febbraio 2000 trovano il loro fondamento, sul piano legislativo, nel D.Lgs. n. 342 del 1999, art. 25, commi 2 e 3.

Il comma 2 del detto decreto legislativo ha modificato l’art. 120 t.u.b. (D.Lgs. n. 385 del 1993), prevedendo, per l’appunto, che il CICR stabilisse “modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria”, disponendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente fosse assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori.

Il comma 3 del cit. art. 25 prevedeva, in particolare che le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, dovessero essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che avrebbe altresì stabilito le modalità e i tempi dell’adeguamento.

Sosteneva ancora il ricorrente che il CICR, con la nominata delibera, ha poi stabilito (art. 2) che nel conto corrente dovesse essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori e che le condizioni applicate sulla base dei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera dovessero essere adeguate alle disposizioni in questa contenute entro il 30 giugno 2000, con effetto dal successivo 1 luglio (art. 7, comma 1).

In particolare, ove le nuove condizioni contrattuali non comportassero un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate, le banche e gli intermediari finanziari, entro il medesimo termine del 30 giugno 2000, avrebbero potuto provvedere all’adeguamento mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e, previa comunicazione per iscritto alla clientela alla prima occasione utile, comunque, entro il 31 dicembre 2000 (art. 7, comma 2).

 L’approvazione specifica da parte del correntista (e quindi il perfezionamento di un nuovo accordo fondato sulla specifica adesione da parte di quel soggetto) era stabilita per la sola ipotesi in cui le nuove condizioni contrattuali comportassero un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate (art. 7, comma 3).a transitoria contenuta nell’art. 7 della delibera CICR medesima.

A tali osservazioni va aggiunto che secondo una pluridecennale costante ed uniforme giurisprudenza di legittimità e di merito per i “vecchi contratti” in corso alla data di entrata in vigore del D.L 342/1999 era sempre necessaria una nuova contrattualizzazione, con doppia sottoscrizione, delle clausole anatocistiche precedentemente stipulate per tre fondamentali ragioni.

La prima perché a seguito della declaratoria di incostituzionalità (sentenza 425 del 17 ottobre 2000) del terzo comma dell’art.25, comma 3, è stato di fatto “travolto” e reso inefficace l’art. 7 del decreto CICR 9.2.2000.

La seconda perché se le precedenti clausole erano nulle erano soggette alla precedente normativa e, pertanto il secondo comma dell’art. 25 DLGS 342/1999 non avrebbe mai potuto produrre l’effetto di “resuscitare” ovvero conferire validità a clausole nulle:

Infine perché se le clausole anatocistiche secondo le disposizioni ante DLGS 342/1999 erano nulle, l’introduzione dell’anatocismo doveva ritenersi una condizione incontestabilmente peggiorativa.

A fronte di queste chiare logiche e giuridicamente ineccepibili conclusioni da tempo sostenute dalla giurisprudenza di legittimità la decisione in commento ha ritenuto di discostarsi da esse con motivazione per nulla coerente, logica e conforme sia al dettato legislativo che alla ratio della decisione della Corte Costituzionale.

L’ordinanza in commento fonda la sua decisione su di una interpretazione inesatta della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/2000.

Secondo l’ordinanza infatti, la pronuncia del giudice delle leggi si fonda sull’eccesso di delega, avendo la Corte costituzionale escluso “che la suddetta delega legittimi una disciplina retroattiva e genericamente validante”. Appare anzi manifesto che l’intervento caducatorio riguardi il regime di sanatoria che il legislatore ha previsto per il periodo che precedeva proprio l’entrata in vigore della delibera CICR. Osserva il Collegio che “ il venir meno della “continuità logica con la delega” con la conseguente rottura della “necessaria consonanza che deve intercorrere tra quest’ultima e la norma delegata” sia stata individuata dal giudice delle leggi in ciò: “il legislatore delegato, da un lato sancisce (pro praeterito), per qualsiasi tipo di vizio, una generale sanatoria delle clausole anatocistiche illegittime contenute nei contratti bancari anteriori al 19 ottobre 1999, con effetti temporalmente limitati sino al 22 aprile 2000 (data di entrata in vigore della delibera del CICR); dall’altro attribuisce (pro futuro), sia pure nell’identico limite temporale, la stessa indiscriminata validità ed efficacià alle clausole poste in essere nel periodo tra il 19 ottobre 1999 ed il 21 aprile 2000” (Corte cost. 17 ottobre 2000, n. 425 cit.).

Da tale espressione l’ordinanza ne deduce che “ nelle sentenze dichiarative dell’illegittimità costituzionale di una norma di legge, la statuizione precettiva avente valore di accertamento costitutivo ed estintivo con efficacia erga omnes è contenuta nel dispositivo della sentenza, da ritenersi, peraltro, posto in rapporto di correlazione necessaria con la motivazione le volte in cui soltanto quest’ultima consenta di determinare con precisione, al fine di individuare l’esatta portata e il preciso oggetto della pronuncia, quali disposizioni di legge debbano ritenersi caducate (così Cass. 17 dicembre 2004, n. 23506).In detta prospettiva è corretto ritenere che la delibera del CICR abbia mantenuto intatto il proprio vigore anche dopo la richiamata pronuncia di incostituzionalità e fosse quindi pienamente idonea a regolamentare, sul piano attuativo, la prescrizione concernente l’adeguamento dei contratti in precedenza conclusi al nuovo regime: prescrizione, questa dell’adeguamento, che presenta, difatti, una propria sicura autonomia logica e giuridica rispetto alla sanzionata previsione della sanatoria dei contratti contenenti clausole anatocistiche conclusi prima del 21 aprile 2000, e che va correlata al più ampio potere regolamentare demandato al CICR dal comma 2 dell’art. 25 (con cui si affidava al suddetto Comitato il compito di stabilire, per il futuro, le modalità e i criteri per la produzione degli interessi sugli interessi nelle operazioni bancarie)”.

Tale decisione senza menzionarla, condivide una interpretazione già data dalla Corte d’Appello di Milano n. 4113 del 14 settembre 2018 già oggetto di analisi critica da parte dell’avv. Cinzia Nicoletta Capezzera nel precedente numero 17 di questa rivista, pagg.47-50 con argomentazioni che si condividono e che e si intende ampliare con queste note critiche tratte da una decsione del Tribunale di Milano, Est. Viola Nobili che qui di seguito vengono quasi integralmente e pedissequamente riportate.

Va innanzi tutto ricordato che la clausola della capitalizzazione degli interessi era generalmente prevista dall’art. 7 di ogni contratto di contratto di conto corrente in quanto predisposte dall’ABI nelle cosiddette NUB ed alle quali le banche si sono sempre adeguate. Detta clausola così recitava: “I rapporti di dare e avere vengono chiusi contabilmente, in via normale, a fine dicembre di ogni anno, portando in conto, oltre agli interessi ed alle commissioni, anche le spese postali. I conti che risultino anche saltuariamente debitori vengono invece chiusi contabilmente, in via normale, trimestralmente e cioè a fine marzo, giugno, settembre e dicembre applicando agli interessi dovuti dal Correntista ed alle competenze di chiusura valuta data di regolamento del conto. Gli interessi dovuti dal correntista all’Azienda di credito, salvo successiva variazione, si intendono determinati alle condizioni nella misura indicata nel presente contratto e producono a loro volta interessi nella stessa misura”

Inutile ricordare che tale clausola dopo decenni di erronee decisioni della Corte di Cassazione, venne alla fine dell’anno 1999 dichiarata nulla per violazione del disposto dell’art. 1283 c.c. in quanto non corrisponde ad un uso normativo ma ad un uso negoziale-contrattuale con un revirement più volte chiarito in varie sentenze fondato sulla necessità di non reiterare l’errore interpretativo perpetrato per così lungo tempo.

Ricordato che nel nostro ordinamento, ai sensi dell’art. 1283 c.c., “gli interessi scaduti possono produrre interessi solo dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, purché siano interessi dovuti da almeno sei mesi”, la Corte Suprema di Cassazione (Sez. I, 11/11/1999, n. 12507) ha chiarito che “La clausola di un contratto bancario, che preveda la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, deve reputarsi nulla, in quanto si basa su un uso negoziale (ex art. 1340 c.c.) e non su un uso normativo (ex art. 1 ed 8 delle preleggi al c.c.), come esige l’art. 1283 c.c. L’inserimento della clausola nel contratto, in conformità alle cosiddette norme bancarie uniformi, predisposte dall’A.B.I., non esclude la suddetta nullità, poichè a tali norme deve riconoscersi soltanto il carattere di usi negoziali non quello di usi normativi”. Il principio della nullità delle suddette clausole ha ottenuto anche l’imprimatur delle due decisioni delle sezioni unite di Cassazione (Cass. SSUU 4 novembre 2004, n. 21095 e n. 24418/2010).

A seguito delle note sentenze del 1999 della Suprema Corte, il legislatore delegato -ossia il Governo su delega del Parlamento- è intervenuto con l’art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999, lasciando inalterato l’art. 1283 c.c. ma inserendo -con il proprio comma 2- il comma 2 dell’art. 120 del T.U.B. con cui si demandava al CICR (Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio) -per i contratti ancora da concludere- il compito di determinare le modalità ed i criteri per la produzione di interessi su interessi nelle operazioni bancarie e con il comma 3 introducendo una sanatoria per il passato e un metodo di adeguamento senza però integrare o modificare l’art. 120 T.u.b.

Detto 3 comma dell’art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999 -contenente la sanatoria e l’adeguamento (“Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilirà altresì le modalità e i tempi dell’adeguamento”) e integralmente investito del vaglio di illegittimità costituzionale- è stato dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 425/2000 per eccesso di delega in quanto la disciplina retroattiva o genericamente validante senza distinguere tra contratti ed effetti contrattuali anteriori o posteriori alla data della propria entrata in vigore e prescindendo dal tipo di vizio da cui dette clausole sarebbero colpite e da ogni collegamento con il testo unico bancario -che miravano a integrare- che non fosse meramente occasionale, fa venir meno la continuità logica con la delega.

Così disponendosi, continua la Corte Costituzionale , si rompe la necessaria consonanza che deve intercorrere tra la delega e la norma delegata. L’indeterminatezza della fattispecie di cui al comma 3 dell’art. 25 del D.Lgs. n. 342 del 1999 non consente di ricondurre la denunciata norma nell’ambito dei princìpi e criteri della legge di delegazione (art. 25 della L. 19 febbraio 1992, n. 142, concernente l’attuazione della direttiva n. 89/646/CEE del Consiglio del 15 dicembre 1989 denominata Seconda direttiva, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative riguardanti l’accesso all’attività degli enti creditizi e il suo esercizio e recante modifica della direttiva 77/780/CEE e che riguarda solo il mutuo riconoscimento delle attività svolte dalle Autorità di Vigilanza nonché la libertà di stabilimento dell’attività creditizia; pertanto attività di macroeconomia e non di microeconomia come l’intervento sui singoli contratti di diritto privato).

Questi, infatti, non possono ragionevolmente interpretarsi come abilitanti l’emanazione d’una disciplina di sanatoria (per il passato) e di validazione anticipata (per il periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge delegata e quella della delibera del CICR) di clausole anatocistiche bancarie, del tutto avulsa da qualsiasi riferimento ai vizi ed alle cause di inefficacia da tenere per irrilevanti ossia senza una necessaria e sicura rispondenza (diretta od indiretta) ai princípi e criteri informatori del Testo Unico Bancario.

Ove la Corte Costituzionale avesse voluto o ritenuto di poter salvare parte del terzo comma avrebbe potuto emettere sentenza interpretativa di rigetto o interpretativa di accoglimento parziale solo per la sanatoria degli effetti già prodotti.

La Corte delle leggi ha invece escluso la possibilità di un’interpretazione adeguatrice della legge delegata alla legge delegante e -esplicitamente omettendo ogni considerazione sulla ragionevolezza intrinseca della norma denunciata, e dichiarando assorbito ogni altro profilo delle sollevate questioni- ha statuito che la norma in esame víola l’art. 76 della Costituzione (C.Cost. n. 425 del 2000); dal 2000, quindi tale norma è stata cancellata con effetto ex tunc dall’Ordinamento.

Né il secondo comma dell’art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999 -non dichiarato incostituzionale-conferisce la facoltà di emanare norme transitorie statuenti, con effetti validanti, la sorte delle condizioni contrattuali stipulate anteriormente, nonchè di prevedere disposizioni di adeguamento e tempi delle medesime, tanto meno intervenendo con efficacia sanante condizionata unicamente a modalità procedimentali unilaterali.

Esso infatti si limita a conferire al CICR l’autorità di stabilire modalità e criteri per la produzione dell’anatocismo bancario per il futuro.

Inoltre, l’art. 161 6 c. T.U.B. esclude che ai contratti già conclusi possa essere applicata la normativa sopravvenuta (“I contratti già conclusi e i procedimenti esecutivi in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo restano regolati dalle norme anteriori”) (così Trib., Torino, sent. 6204/07).

La Corte Costituzionale -dichiarando la illegittimità dell’art. 25 comma 3 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342- ha provocato la caducazione a catena dell’art. 7 della Del.CICR 9 febbraio 2000, finalizzato a disciplinare i rapporti in essere al momento della entrata in vigore della medesima delibera CICR ma rimasto privo di autorizzazione a deliberare sul punto.

Detta caducazione è stata chiarita già nel 2005 dalla Suprema Corte “La fondatezza del mezzo di gravame è quindi evidente, dal momento che la norma dichiarata costituzionalmente illegittima, quale che sia la natura del vizio accertato, cessa di avere efficacia (e non può quindi più essere applicata) dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 136, primo comma, Cost.). Il venir meno di tale disposizione, eliminando l’eccezionale salvezza della validità e degli effetti delle clausole già stipulate, lascia queste ultime, secondo i principi che regolano la successione delle leggi nel tempo, sotto il vigore delle norme anteriormente in vigore, alla stregua delle quali, per quanto si è detto, esse non possono che essere dichiarate nulle, perché stipulate in violazione dell’art. 1283 c.c.” (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 3589 del 22/02/2005, Rv. 579453 – 01).

Tale ricostruzione ha ottenuto l’ulteriore imprimatur della Suprema Corte di Cassazione Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 20172 del 03/09/2013, Rv. 627515 – 01 rel. Cons. Carlo De Chiara che con motivazione tanto stringata quanto incontestabile ha esplicitamente ribadito quanto già chiaramente evincibile dalla pronuncia della Corte Costituzionale: “Il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art.1283 c.c., poiché la Corte d’appello ha ritenuto applicabile al rapporto bancario originato dal contratto, stipulato in data anteriore al 22 aprile 2000 (e dunque persistentemente nullo, in parte qua, a seguito della declaratoria di illegittimità costituzionale, con sentenza n. 425 del 2000, della sanatoria disposta dal D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, art. 25, comma 3), la capitalizzazione annuale in luogo di quella trimestrale dichiarata nulla. Il ricorso è fondato. si osserva che Cass. Sez. Un. 24418/2010, richiamata dal ricorrente, ha chiarito che, una volta dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 c.c. (il quale osterebbe anche ad un’eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista debbono essere calcolati senza operare capitalizzazione alcuna”.

Pertanto, anche ai sensi della pronuncia della Cass. civ. Sez. Unite, 02-12-2010, n. 24418 (rv. 615490-B.P.P. Scarl c. Lecci) “È conforme ai criteri legali di interpretazione del contratto, in particolare all’interpretazione sistematica delle clausole, l’interpretazione data dal giudice di merito ad una clausola di un contratto di conto corrente bancario, stipulato tra le parti in data anteriore al 22 aprile 2000, e secondo la quale la previsione di capitalizzazione annuale degli interessi, pattuita nel primo comma di tale clausola, si riferisce ai soli interessi maturati a credito del correntista, essendo, invece, la capitalizzazione degli interessi a debito prevista nel comma successivo, su base trimestrale, con la conseguenza che, dichiarata la nullità della previsione negoziale di capitalizzazione trimestrale, per contrasto con il divieto di anatocismo stabilito dall’art. 1283 cod. civ. (il quale osterebbe anche ad un’eventuale previsione negoziale di capitalizzazione annuale), gli interessi a debito del correntista devono essere calcolati senza operare alcuna capitalizzazione”.

Per la giurisprudenza di merito concorde: Con il venir meno dell’articolo 25 D.Lgs. n. 342 del 1999, atto di normazione primaria, è venuto meno il fondamento dello stesso art. 7 della Del.CICR del 9 febbraio 2000, atto di normazione secondaria finalizzato ad attuarlo; di tal che con riferimento ai contratti in essere antecedentemente per aversi anatocismo bancario necessita una vera e propria nuova pattuizione scritta, non essendo sufficiente la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e una mera comunicazione unilaterale della banca ancorchè rispondente a quanto stabilito dall’art. 7 (oramai travolto) della Del.CICR del 9 febbraio 2000″ (Tribunale di Venezia, 7 marzo 2014, n. 518; Tribunale di Piacenza, sent. n. 757 27-10-2014; Tribunale Benevento sentenza n. 252 del 18.2.2008; Tribunale di Padova, sentenza del 27 aprile 2008; Tribunale Torino sentenza n. 6204 del 5.10.2007 Giudice Rizzi; Tribunale Teramo n. 1071 dell’11.2.2006 Giudice Marcheggiani; Tribunale Pescara n. 722 del 30.3.2006 Giudice Falco; Tribunale Orvieto 30.7.2005 Giudice Baglioni; Tribunale Torino n. 5480 del 4 luglio 2005 Giudice Rapelli). “La ritenuta nullità comporta l’esclusione di ogni capitalizzazione, in quanto non si rinviene nella normativa alcun criterio sussidiario che legittimi una capitalizzazione seppur a periodicità maggiore del trimestre; non è possibile il richiamo all’art. 1831 c.c. (relativo al conto corrente ordinario) laddove l’art. 1857 c.c. ne esclude espressamente l’applicabilità al conto corrente bancario. Ciò non solo per il periodo anteriore all’entrata in vigore del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, in particolare l’art. 25 comma 2, e della delibera CICR attuativa, ma anche successivamente. Non risultano infatti espresse successive pattuizioni tra le parti in relazione alla previsione di una capitalizzazione paritaria tra interessi attivi ed interessi passivi” (Tribunale di Milano, sez. VI, G.U. dott.ssa Alda Maria Vanoni, sentenza n. 1554 del 06/02/2008).

In particolare, in maniera motivata, la Corte di Appello di Milano ha ribadito che “mentre per i contratti di conto corrente bancario stipulati successivamente al 9/2/00 la Del.CICR 9 febbraio 2000 stabilisce che le “clausole relative alla capitalizzazione degli interessi non hanno effetto se non sono specificatamente approvate per iscritto”, per i contratti in corso all’entrata in vigore della predetta Delibera, il sopra citato art. 7 prevede che l’adeguamento debba essere esplicitamente approvato dalla clientela solo nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate. Poiché all’assenza di capitalizzazione o alla capitalizzazione annuale, quali conseguenze della declatoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica, si è sostituita la reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi, è di tutta evidenza che vi è stato un peggioramento delle condizioni contrattuali precedentemente applicate al conto corrente per cui è causa, con la conseguenza che tale modifica peggiorativa doveva essere espressamente approvata dal cliente. Inoltre, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 425/00, che ha dichiarato la illegittimità dell’art. 25 comma 3 del D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, è venuta meno la possibilità per il CICR di sanare la nullità derivante dalla pattuizione anatocistica preesistente ed è venuto meno anche il presupposto legittimante l’art. 7 della Del.CICR 9 febbraio 2000, finalizzato a disciplinare i rapporti in essere al momento della entrata in vigore della medesima Delibera CICR. Infatti, il comma 2 dell’art. 25 D.Lgs. n. 342 del 1999 non conferisce al CICR il potere di prevedere disposizioni di adeguamento con effetti validanti in relazione alle condizioni contrattuali stipulate anteriormente. Ne deriva che, per i contratti in essere alla data di entrata in vigore della più volte citata Del.CICR 9 febbraio 2000, la modifica delle condizioni contrattuali introdotta dalla banca conformemente all’art. 7 della predetta delibera, in mancanza dell’approvazione scritta del cliente, risulta priva di qualsivoglia effetto obbligatorio” (CDA Milano 22/5/12 n. 1796).

Ove poi si ammettesse -cosa che si esclude- la permanente vigenza della possibilità di adeguamento del contratto nel nostro Ordinamento, lo stesso art. 7 delibera CICR non ammette l’adeguabilità unilaterale del contratto sul presupposto “Nel caso in cui le nuove condizioni contrattuali comportino un peggioramento delle condizioni precedentemente applicate”; in tal caso, dette clausole “devono essere approvate dalla clientela”; poiché alla assenza di capitalizzazione, quale conseguenza della declaratoria di nullità della clausola contrattuale anatocistica (art. 1374 c.c.), viene sostituita la reciproca capitalizzazione trimestrale degli interessi attivi e passivi, è di tutta evidenza che vi sarebbe un peggioramento delle condizioni contrattuali di diritto applicabili al conto corrente per cui è causa; con la conseguenza che tale modifica peggiorativa sarebbe dovuta essere espressamente approvata dal cliente (così Corte di Appello di Ancona 420/2016 del 31.3.2016; Trib. Torino, sent. 6204/07; App. Milano Sez. I, Sent., 22-05-2012 n. 1796; Corte App. Milano, I sezione, n. 1162/2016, del 23/3/2016; Tribunale Treviso 10 giugno 2013; Tribunale di Messina, Dott. D.C.M., Sent. n. 618 del 21 marzo 2013); “Per i rapporti di conto corrente iniziati prima dell’entrata in vigore della Del.CICR 9 febbraio 2000, è richiesta una specifica pattuizione delle nuove modalità di capitalizzazione, non essendo sufficienti, al riguardo, la comunicazione delle stesse e la loro pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale. La delibera CICR, infatti, esclude la necessità di una specifica pattuizione solo per il caso di modifiche migliorative rispetto a quelle previste dalla clausola nulla”. Tribunale Napoli 27 giugno 2013 – Est. Macrì.

Nota:

Ulteriori sentenze della Cassazione e dei giudici di merito conformi all’orientamento costante sopra esposto:

Cass. Civ. n. 5609/2017, n. 21027/2013, n. 23038/2011, n. 6518/2011, n. 6183/2008, n. 4853/2007, n. 870/2006, n. 19882/2005, n. 21101/2005, n. 10599/2005, n. 13739/2003, n. 12222/2003, n. 4490/2002, n. 6263/2001; Corte d’Appello di Venezia del 27/2/2019, Corte d’Appello di Campobasso del 24/1/2019, Corte d’Appello di Venezia del 30/5/2018, Corte d’Appello di Catania del 27/2/2019, Tribunale di Ancona n. 457/2019, Tribunale di Trento del 16/2/2019, Tribunale di Roma del 14/2/2019, Tribunale di Roma del 26/10/2018, Tribunale di Roma del 4/10/2018, Tribunale di Padova 23/7/2018, Tribunale di Padova del 20/7/2018, Tribunale di Velletri del 29/5/2018, Tribunale di Bergamo del 10/5/2018, Tribunale di Pescara del 10/5/2018, Tribunale di Pescara dell’8/5/2018, Tribunale di Catania del 12/3/2018, Tribunale di Teramo del 6/3/2018.

Forlì, 19 maggio 2019

Avv. Francesco Roli

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