INCLUSIONE DELLE C.M.S. NEL CALCOLO DEL T.E.G.
INCLUSIONE DELLE C.M.S. NEL CALCOLO DEL T.E.G.
L’attuale linea difensiva adottata dalle banche a partire dalla fine del mese di giugno 2016 richiamando le recenti sentenze n. 12965 del 22/6/2016 e n. 22270 del 3/11/2016 della Corte di Cassazione, sostiene, in linea con il dictum di tale sentenza, che le commissioni di massimo scoperto non vadano incluse nel calcolo del TEG ai fini della verifica del superamento o meno del tasso soglia; sostiene altresì che dette commissioni debbano essere considerate legittime e non affette dal vizio di mancanza di causa.
Le banche anziché rispondere alle specifiche questioni giuridiche sottese alla questione, si rifugiano in un’inutile citazione delle massime delle suddette sentenze senza avvedersi che le sentenze citate sfuggono alla ineludibile domanda: quale sarebbe la normativa primaria (LEGGE) che autorizzerebbe le banche ad applicare nella formula del CALCOLO del TEGM, la formula adottata dalla Banca d’Italia (nelle istruzioni per il RILIEVO trimestrale del TEGM) che esclude le CMS?
Ovvero per usare la stessa espressione delle sentenze citate da controparte, quale sia la legge che conferisca alle Istruzioni della Banca d’Italia la natura di norme tecniche autorizzate.
In realtà non esiste nessuna norma di legge che conferisca tale natura di “norme tecniche autorizzate” alle Istruzioni della Banca d’Italia: le tesi avversarie e le sentenze citate costituiscono un clamoroso e macroscopico errore di interpretazione delle norme giuridiche.
Al fine di evidenziare l’inconsistenza giuridica delle tesi avverse è sufficiente un brevissimo excursus sulla normativa primaria che disciplina la norma sull’usura e sulle norme fondamentali che disciplinano le fonti del diritto e i rapporti tra le fonti stesse (art. 1, 3 e 4 delle Disposizioni della Legge in Generale cosiddette Preleggi nonché L. 20/3/1865 n. 2248 all. E, art. 5).
Come noto la legge 108/96 ha modificato l’art. 644 c.p..
L’art. 1 della suddetta legge, al comma 3 stabilisce che: “La legge stabilisce il limite oltre il quale gli interessi sono sempre usurari”.
L’art. 1 comma 4 della suddetta legge stabilisce che:
“Per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito.”
L’art. 2 comma 4 della suddetta legge 108/96 così testualmente prevede:
“4. Il limite previsto dal terzo comma dell’articolo 644 del codice penale, oltre il quale gli interessi sono sempre usurari, è stabilito nel tasso medio risultante dall’ultima rilevazione pubblicata nella Gazzetta Ufficiale ai sensi del comma 1 relativamente alla categoria di operazioni in cui il credito è compreso, aumentato della metà”.
Successivamente detto aumento della metà dal 13/5/2011 è stato modificato con l’aumento di ¼ + 4 punti e con un differenziale tra il limite e il tasso medio non superiore a 8 punti.
Il tasso medio come testualmente scritto all’art. 2 comma 1 è quello rilevato trimestralmente dal Ministero del Tesoro con apposito decreto e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio Italiano Cambi.
Così infatti testualmente recita il suddetto articolo: “1. Il Ministro del tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’Ufficio italiano dei cambi, rileva trimestralmente il tasso effettivo globale medio, comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia ai sensi degli articoli 106 e 107 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, nel corso del trimestre precedente per operazioni della stessa natura. I valori medi derivanti da tale rilevazione, corretti in ragione delle eventuali variazioni del tasso ufficiale di sconto successive al trimestre di riferimento, sono pubblicati senza ritardo nella Gazzetta Ufficiale.”.
Successivamente tale normativa fu oggetto di un intervento legislativo di interpretazione autentica con la legge n. 24 del 28/2/2001 art. 1.
L’art. 1 di suddetta norma così testualmente recita: “1. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 644 del codice penale e dell’articolo 1815, secondo comma, del codice civile, si intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro pagamento.”
Ad esclusione della legge 2/2009, sulla quale ritornare in seguito, che ha abrogato le CMS, sostituendole con le CDF e le CIV, non sono intervenute ne’ ci sono altre disposizioni di legge che regolano la materia ed in particolar modo il metodo di DETERMINAZIONE DEL TEG ai fini della verifica del superamento o meno del tasso soglia.
Dal combinato disposto della normativa sopra riportata appare evidente che:
- il limite oltre al quale gli interessi sono sempre usurari (art. 1 co. 3) è il TEGM risultante dall’ultima rilevazione pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale aumentato: a) della metà fino al 12/5/2011; b) del 25% + 4 punti col differenziale di 8 punti dal 13/5/2011; c) della variazione del tasso ufficiale di sconto;
- il TEGM rilevato è “comprensivo di commissioni, di remunerazioni a qualsiasi titolo e spese, escluse quelle per imposte e tasse, riferito ad anno, degli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari” (art. 2 legge 108/96).
- A differenza del metodo per la DETERMINAZIONE (art. 1 comma 4) del tasso di interesse, la RILEVAZIONE (art. 2 comma 1) viene effettuata senza alcun riferimento al criterio di COLLEGAMENTO alla erogazione del credito.
- NON ESISTE PERTANTO ALCUNA DELEGA LEGISLATIVA (al Ministero del Tesoro, alla Banca d’Italia ovvero a qualsiasi altro organo o potere amministrativo) A MODIFICARE TALE LIMITE OVVERO A MODIFICARLO CON METODOLOGIE DIVERSE DA QUELLE ESPLICITAMENTE PREVISTE DALLA LEGGE.
- il TEGM deve essere rilevato dal Ministero del Tesoro, sentiti la Banca d’Italia e l’UIC;
- NON ESISTE PERTANTO ALCUNA DELEGA LEGISLATIVA ALLA BANCA D’ITALIA PER EFFETTUARE I RILIEVI;
- MA SOPRATTUTTO NON ESISTE ALCUNA DELEGA LEGISLATIVA CHE AUTORIZZI LA BANCA D’ITALIA OVVERO IL MINISTERO DEL TESORO A EMETTERE ISTRUZIONI PER LA DETERMINAZIONE ED IL CALCOLO DEL TEG. DETTA FUNZIONE E’ RISERVATA ESCLUSIVAMENTE AL LEGISLATORE.
- NE’ TANTOMENO ESISTE ALCUNA DELEGA LEGISLATIVA CHE AUTORIZZI IL MINISTERO DEL TESORO OVVERO LA BANCA D’ITALIA A EMETTERE ISTRUZIONI NEI CONFRONTI DEGLI ISTITUTI BANCARI PER VINCOLARLI A DETERMINARE IL METODO DEL CALCOLO DEL TEG IN CONFORMITA’ AI METODI DI RILEVAZIONE DEL TEGM.
- In virtù delle disposizioni della legge in generale (art. 1 Preleggi) la gerarchia delle fonti prevede che i regolamenti siano subordinati alla legge.
- L’art. 3 co. 2 delle Preleggi disciplina il potere regolamentare delle autorità e l’esercizio dello stesso che come si legge esplicitamente è “esercitato nei limiti delle rispettive competenze in conformità alle leggi particolari”.
- L’art. 4 così testualmente recita: “1. I regolamenti non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge. 2. I regolamenti emanati a norma del secondo comma dell’art. 3 non possono nemmeno dettare norme contrarie a quelle dei regolamenti emanati dal Governo.”
- L’art. 5 dell’allegato E della legge 20/3/1865 n. 2248 così testualmente recita, nel caso in cui si riscontri un conflitto tra il regolamento e la legge: “In questo, come in ogni altro caso, le autorità giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano conformi alle leggi”. (La Corte costituzionale, con sentenza 18-23 luglio 1996, n. 300 (Gazz. Uff. 14 agosto 1996, n. 33, Serie speciale), ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 4 e 5, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione).
- IL CHE STA A SIGNIFICARE CHE QUALORA UN REGOLAMENTO SIA CONTRARIO ALLA LEGGE DEVE ESSERE DISAPPLICATO DAL GIUDICE IN FORZA DEL COMBINATO DISPOSTO DEGLI ARTT. 1,3,4, DELLE PRE LEGGI E DELL’ART. 5 DELL’ALLEGATO E) DELLA LEGGE N. 2248/1865.
- Cassazione, II Sez. Penale, 19\12\2011, N° 46669, disponente a pag. 16, tra l’altro, che “Le circolari e le istruzioni della Banca d’Italia non rappresentano una fonte di diritti ed obblighi e nella ipotesi cui gli istituti bancari si conformino ad una erronea interpretazione fornita dalla Banca D’Italia in una circolare, non può essere esclusa la sussistenza del reato sotto il profilo dell’elemento oggettivo. Le circolari o direttive, ove illegittime ed in violazione di legge, non hanno efficacia vincolante per gli istituti bancari sottoposti alla vigilanza della Banca D’Italia, neppure quale mezzo di interpretazione, trattandosi di questione nota nell’ambiente del commercio che non presenta in se particolari difficoltà, stante anche la quantificazione soggettiva degli organi bancari e la disponibilità di strumenti di verifica da parte degli istituti di credito“.
Alla successiva pagina 17, la stessa Corte continua affermando che “Appare pertanto illegittimo lo scorporo dal TEGM della CMS ai fini della determinazione del tasso usuraio, indipendentemente dalle circolari e istruzioni impartite dalla Banca d’Italia al riguardo. In termini generali, quindi, l’ignoranza del tasso di usura da parte delle banche è priva di effetti e non può essere invocata quale scusante, trattandosi di ignoranza sulla legge penale (art. 5 c.p.)”.
- Corte d’Appello di Milano 22/8/2013, est. Dott.ssa Raineri, e 14/3/14 n. 1070, Corte d’Appello di Torino 20/12/2013, est. Federica La Marca nonché Corte App. Cagliari – Sede Sassari – 31/3/14 est. M. T. Spanu, che evidenziano come le istruzioni della Banca d’Italia non sono vincolanti per il Giudice nè debbono essere osservate dagli operatori finanziari quando debbono stabilire il tasso di interesse di un determinato rapporto.
- La qual cosa ricorre nella fattispecie atteso che non la legge ma il Ministero del Tesoro ora Ministero dell’Economia e delle Finanze, pervicacemente e con un evidente intento di aggirare il contenuto della legge ha prima delegato la Banca d’Italia a effettuare i rilievi, senza averne alcun potere; successivamente dal primo all’ultimo decreto ministeriale trimestrale finora emanato, ha dettato una norma amministrativa, del tutto contra legem contenuta nell’art. 3 co. 2 di ogni decreto ministeriale disponendo che le banche ai fini di verificare il rispetto del limite del TASSO SOGLIA (=TEGM + 50% ovvero TEGM + 25% + 4 con differenziale di 8) debbano applicare i criteri di calcolo stabiliti dalla Banca d’Italia per il rilievo del TEGM. Così infatti testualmente si legge in ogni decreto ministeriale al comma 2 dell’art. 3: “Le banche e gli intermediari finanziari al fine di verificare il rispetto del limite di cui all’art. 2 co. 4 della legge 7/3/96 n. 108 si attengono ai criteri di calcolo delle istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura, emanate dalla Banca d’Italia e dall’UIC”.
- V’è da precisare che al termine dell’excursus di cui sopra se ne debbano trarre due dirimenti conclusioni: a) innanzitutto appare impropria, gravemente lacunosa e sintomi di una erronea lettura dei testi legislativi le reiterate affermazioni contenute anche nelle sentenze citate da controparte che: “ le Istruzioni della Banca d’Italia, che vincolerebbero le banche ad effettuare i conteggi del Teg secondo le norme dettate per i rilievi trimestrali sarebbero norme tecniche autorizzate” in quanto la legge non ha mai autorizzato la Banca d’Italia a dettare siffatte istruzioni; b) il Ministero del Tesoro e non già la Banca d’Italia ha emanato disposizioni alle banche (art. 3 comma 2 di ogni DM trimestrale); c) la Banca D’Italia non ha mai emanato nessuna disposizione alle banche in tal senso; d) tale normativa amministrativa, emanata dal Ministero del Tesoro, confligge palesemente con la legge e deve essere disapplicata ai sensi dell’art. 5 all. E della legge 2248/1865 dovendo il Giudice attenersi ai fini del CALCOLO del TASSO SOGLIA attenersi alle specifiche disposizioni di legge (art. 1 III e IV co. ed art. 2 IV co. della legge 108/96) nonché agli artt. 1, 3 e 4 delle disposizioni della legge in generale.
1) Abrogazione della CMS “storica”.
Ai sensi dell’art. 2 bis I co. L. 2/2009 la CMS cosiddetta “storica” è stata abrogata in quanto non dipendente dall’effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi, a seguito di interventi istituzionali da parte dell’antitrust nel 2008 e delle reiterate sollecitazioni dello stesso Governatore della Banca d’Italia Draghi, il quale all’assemblea dell’ABI dell’8/7/2009 pronuncerà le seguenti testuali parole:
“Sollevai la questione della commissione di massimo scoperto già all’inizio del 2007; invitavo le banche a superare un istituto poco difendibile sul piano della trasparenza e dell’efficienza. Il legislatore dava alla Banca d’Italia solo il potere di verificare che queste clausole venissero applicate con trasparenza, non di sostituirle con forme contrattuali diverse. La ripetuta azione di moral suasion sortiva effetti solo nei confronti dei maggiori gruppi. Necessario è stato l’intervento d’imperio del legislatore, anche se è auspicabile un riordino delle varie disposizioni in materia di rapporti tra banca e cliente, previsto peraltro nella legge comunitaria da poco approvata dal Parlamento.
Ora le banche devono risolvere la questione alla radice; sostituiscano spontaneamente, una volta per tutte, le commissioni complesse e opache con commissioni ragionevoli sui fondi messi a disposizione (commitment fees); per il resto, si riconduca tutto all’applicazione trasparente dei tassi di interesse.
A partire dall’inizio del 2010 i tassi determinanti ai fini di prevenzione dell’usura includeranno tutti gli oneri accessori: la commissione di massimo scoperto se ancora esistente, le commitment fees, i compensi di mediazione, ogni altra spesa connessa con il finanziamento.”
L’art. 2 bis I co. L. 2/2009 si apre comminando la nullità delle CMS applicate se il saldo del conto risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a 30 giorni ovvero a fronte di utilizzi senza fido.
Pertanto ove non ricorra l’una o l’altra delle due condizioni la CMS è legittima. Di conseguenza non lo è la CMS “storicamente” applicata dalle banche al picco di utilizzo anche per un solo giorno.
Ugualmente dicasi per le CMS extra fido.
Va detto infatti che nella previsione legislativa la CMS che sortisce dalla legge 2/09 e che si sottrae a censure di legittimità, è esclusivamente quella collegata all’effettiva durata ed utilizzo del credito.
Ciò evidentemente in palese contrasto con la “CMS storica” non legata all’utilizzo del credito ma ad un semplice picco dell’esposizione massima sia nell’ambito del fido che dell’extra fido raggiunto anche per un solo giorno.
Non si intravede pertanto come invece sostenuto nella sentenza della Cassazione in commento n. 12925/2016, una ricognizione dell’esistente per sancirne la legittimità. Su tale specifica questione torneremo in seguito.
Il dettato dell’art. 2 bis I co. ripetesi sancisce la nullità della precedente commissione, la “storica” CMS per come applicata dagli istituti di credito prima dell’entrata in vigore della legge 2/09.
Con detta legge infatti è introdotta una commissione di affidamento legittima solo se collegata alla effettiva durata dell’utilizzazione dei fondi, come peraltro già previsto nel disegno di legge 25/1/2007 sulla liberalizzazione all’art. 32 (NON APPROVATO DAL PARLAMENTO) che così recitava:
“Art. 32 Nullità della clausola di massimo scoperto.
1. Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto e le clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del correntista indipendentemente dall’effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dalla effettiva durata del prelevamento della somma.
2. Gli interessi, le commissioni e le provvigioni derivanti dalle clausole comunque denominate che prevedono una remunerazione, a favore della banca, dipendente dalla effettiva durata del prelevamento della somma sono comunque rilevanti ai fini dell’applicazione dell’articolo 1815 del codice civile, dell’articolo 644 del codice penale e degli articoli 2 e 3 della legge 7 marzo 1996, n. 108.
3. I contratti in corso sono adeguati alle disposizioni del presente articolo entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.”
Le sentenze della Corte di Cassazione n. 12965/2016 e n. 22270/16 si pongono in palese contrasto con le tre note sentenze della Corte di Cassazione Penale (12028/2010, 28743/2010 e 46669/2011), doviziosamente argomentate e con sillogismi del tutto coerenti con la corretta interpretazione della legge 108/96, dell’art. 644 c.p. e della legge 2/2009.
Non si vede pertanto la ragione per la quale debbano prevalere le due citate sentenze della Cassazione Civile essendo evidente un contrasto giurisprudenziale di non poco conto sul punto.
Le sentenze risultano affette da affermazioni non corrette e da petizioni di principio che si pongono in netto contrasto non tanto con le tre precedenti sentenze della Cassazione Penale ma con il più corretto criterio ermeneutico di interpretazione, della legge 108/96, dell’art. 644 VI co. c.p., e della legge 2/2009 art. 2 e 2bis.
Dette sentenze sono già state aspramente criticate dalla dottrina (si vedano in particolare i commenti del Dott. Roberto Marcelli) anche per alcuni capi contenenti affermazioni di principio che lasciano interdetti.
Dette affermazioni in primo luogo riguardano la legittimazione del comportamento “illegittimo” (così definito testualmente dalla sentenza n. 46669/2011 dalla Corte di Cassazione) del MEF e della Banca d’Italia, laddove i medesimi, anziché limitarsi a “fotografare” e rilevare i TEGM trimestrali, così come stabilito dall’art. 2 della Legge 108/96, con specifica disposizione contenuta in tutti i decreti ministeriali trimestrali, a cominciare dal primo DM del 22/3/1997 all’art. 3, comma 2, hanno invaso il campo della riserva di legge e senza averne alcuna specifica delega, vincolando le banche ad effettuare il calcolo del TEG seguendo il criterio adottato dalla Banca d’Italia per rilevare i TEGM trimestrali.
Così infatti dispone l’art. 3, comma 2 dei DM trimestrali:
“2. Le banche e gli intermediari finanziari, al fine di verificare il rispetto del limite di cui all’articolo 2, comma 4, della legge 7 marzo 1996, n. 108, si attengono ai criteri di calcolo delle «istruzioni per la rilevazione del tasso effettivo globale medio ai sensi della legge sull’usura» emanate dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio italiano dei cambi”.
Il primo capo della decisione che si critica è posto a pag. 12 della sentenza ove si rinviene un non condividibile affermazione in quanto non corrispondente al quadro legislativo vigente prima della legge 2/2009, ove la Suprema Corte sembra affermare che la legislazione primaria fino all’entrata in vigore della suddetta legge escludeva la CMS dal calcolo del TEGM.
Il che costituisce una evidente erronea affermazione in quanto nessuna norma primaria emanata nell’arco di tempo che va dalla legge 108/96 fino alla legge 2/2009, definita letteralmente in sentenza “congegno ricognitivo-determinativo primario” disponeva ciò. Nel suddetto arco di tempo in materia di usura è stata emanata soltanto la legge di interpretazione autentica n. 24 del 28/2/2001 riguardante il momento rilevante (quello della stipula) ai fini di determinare l’usurarietà o meno del contratto.
Così testualmente recita il suddetto passo contenuto a pag. 12 della sentenza:
“D’altronde, se la novella del 2009 si riferisce alla «legge» che stabilisce i limiti superati i quali i tassi divengono ex se, cioè oggettivamente, usurari, non vi è dubbio che detta normativa integri un vero e proprio mutamento innovativo nella disciplina complessivamente intesa (inclusi ovviamente gli atti di valore regolamentare, fino a quel momento lasciati dal legislatore a regolare la materia) e dunque in tema di CMS, laddove il congegno ricognitivo-determinativo primario, fino all’entrata in vigore della riforma, espressamente escludeva quest’ultima dal calcolo del TEGM (evidenziazione fatta dallo scrivente); constatazione che persuade nell’essere di fronte ad una norma non di interpretazione autentica, ma appunto innovativa e come tale – in ogni sede sanzionatoria – non applicabile retroattivamente.”
Né peraltro per “atti di valore regolamentare fino a quel momento lasciati dal legislatore a regolare la materia” poteva intendersi la facoltà del MEF o della Banca d’Italia di stabilire i criteri per il calcolo del TEG avendo l’art. 2 della legge 108/96 esclusivamente affidato al solo MEF il mero compito del solo rilievo trimestrale del TEGM e della pubblicazione del tasso soglia, sentiti la Banca d’Italia e l’UIC.
Il secondo capo della sentenza 12965/16 che si critica è contenuto a metà di pag. 14 (come si desume dal testo della sentenza web rinvenibile sul sito internet della Cassazione) che così testualmente recita:
“In definitiva, può sostenersi che quand’anche le rilevazioni effettuate dalla Banca d’Italia dovessero considerarsi inficiate da un profilo di illegittimità (evidenziazione fatta dallo scrivente) (per contrarietà alle norme primarie (n.d.r.: penali) regolanti la materia, secondo le argomentazioni della giurisprudenza penalistica citata), questo no potrebbe in alcun modo tradursi nella possibilità, per l’interprete, di prescindervi, ove sia in gioco – in una unitaria dimensione afflittiva della libertà contrattuale ed economica – l’applicazione delle sanzioni penali e civili, derivanti dalla fattispecie della cd. Usura presunta, dovendosi allora ritenere radicalmente inapplicabile la disciplina antiusura per difetto dei tassi soglia rilevati dall’amministrazione”.
Trattasi di affermazioni inaccettabili posto che non può con una sentenza la Corte di Cassazione legittimare una condotta illegittima in quanto violatrice della legge penale da parte di soggetti giuridici qualificati ancorchè si tratti della Banca d’Italia e del MEF che hanno avallato e continuano ora ad avallare con i decreti trimestrali non tanto il metodo di rilievo adottato dalla Banca d’Italia per fotografare i TEGM, quanto la pretesa, costituente una vera e propria usurpazione dei poteri legislativi del Parlamento, di vincolare le banche nel calcolo del TEGM ai metodi utilizzati dalla Banca d’Italia per rilevarlo.
D’altronde appare priva di qualsiasi fondamento logico l’affermazione della “inapplicabilità della disciplina antiusura per difetto dei tassi soglia rilevati dall’amministrazione” posto che la legge 108/96 afferma chiaramente che il delitto di usura si commette all’atto della stipula ove siano superati i tassi soglia pubblicati in Gazzetta Ufficiale dal MEF e non già i TEGM rilevati trimestralmente dalla Banca d’Italia.
Si veda in tal senso quanto esplicitamente affermato al paragrafo 3) della sentenza n. 46669/2011 della Corte di Cassazione Penale da pag. 11 a pag. 17.
Dalla prassi amministrativa difforme della Banca d’Italia la sentenza n. 46669/11 come anche le precedenti 12028/2010 e 28743/2010 non fa discendere alcuna disapplicazione della norma; il vizio nella prassi amministrativa non si trasmuta di per sé in un vizio della norma: pubblicata la soglia, gli operatori bancari sono tenuti a rispettarla, nei termini stabiliti dall’art. 644 c.p..
Il terzo capo della sentenza 12965/16 che appare non corretto è il richiamo al principio dell’omogeneità posto che il tasso soglia, assolutamente immodificabile, è il parametro che non deve mai essere superato e non può essere corretto dal criterio seguito dall’organo amministrativo (Istruzioni della Banca d’Italia) per rilevare il TEGM.
Sul punto dell’applicazione di un preteso criterio di omogeneità è stato più volte osservato dalla giurisprudenza di merito oltre che dalla dottrina (C. App. Milano, C. App. Mi-To-Cagliari, Tribunale Udine 26/9/14, Trib. Torino Dott. ______), quanto segue:
- la metodologia di rilievo adottata dalla Banca d’Italia edulcora annacquandolo il tasso applicato che si determina attraverso la formula del calcolo del TEG;
- la legge 108/96 prevede ed ha sempre previsto indipendentemente dalla legge 2/2009 la rilevazione del TEGM con riferimento ad ogni onere correlato alle operazioni di finanziamento e non vi è dubbio che le CMS siano un onere posto in relazione con lo scoperto in conto corrente che trova giustificazione quale parziale ristoro per la banca che è obbligata a tenere a disposizione risorse liquide a favore del cliente durante la pendenza del rapporto;
- l’affermazione secondo cui: “non essendo le CMS comprese nella rilevazione del TEGM non potrebbe essere compresa neanche nel calcolo del TEG per la verifica dell’usura” è una forzatura logica ed una petizione di principio posto che la Banca d’Italia nelle proprie istruzioni correttamente esclude sia i tassi eccessivamente elevati che i tassi eccessivamente bassi disponendo che il rilievo avvenga su rapporti di natura fisiologica e non già patologica ciò all’evidente fine di calmierare il TEGM ed il conseguente tasso soglia;
- l’esempio classico è il tasso di mora non rilevato trimestralmente e non incluso nei TEGM ma che comunque deve entrare nella verifica di usura, le commissioni di massimo scoperto che notoriamente moltiplicano geometricamente l’ammontare del TAEG ma soprattutto ad esempio i tassi di interesse applicati dalle banche in fase patologica (nella fase di messa a sofferenza o ad incaglio i tassi di interesse sono notoriamente più elevati dei tassi medi praticati);
- correttamente con lo scopo della norma antiusura pertanto la Banca d’Italia ha nelle proprie istruzioni indicato la formula di rilievo del TEGM (interessi x 36.500 / n. debitori + oneri x 100 / accordato) che rispecchia l’effettivo tasso medio “fisiologico” praticato dalle banche escludendo peraltro ad esempio i tassi assai più elevati della media applicati dalle banche in condizioni di sofferenza della clientela e cioè in fase “patologica”;
- da ciò appare coerente ritenere che la CMS, che non trova spazio nel TEGM, deve invece essere necessariamente ricompresa nel margine di scostamento (+ 50% fino al secondo trimestre del 2011 e + 25 + 4 punti con un differenziale di 8 dal terzo trimestre del 2011 in poi) concesso al TEG praticato dall’intermediario rispetto al TEGM rilevato dalla Banca d’Italia;
- rilevato infatti il valore medio di mercato del costo del credito, comprendente i costi sostenuti dalla banca, il margine di profitto ed il margine di rischio di insolvenza, ogni incremento di costo quale che sia la natura o il titolo a cui venga imputato, deve essere compreso nel margine del 50% stabilito dalla legge pena il superamento del tasso soglia;
- la metodologia utilizzata o suggerita dalla Banca d’Italia con la lettera-comunicato del 2/12/2005 (che invece appare indirettamente e cripticamente recepita dalla decisione 12965/2016 della Corte di Cassazione[1] senza peraltro alcuna specificazione se la stessa sia o meno retroattiva – dal 2/4/97 al 1/12/2005), appare inaccettabile posto che al di fuori di ogni e qualsiasi prescrizione legislativa è stata letteralmente “inventata” la “commissione di massimo scoperto soglia”;
- detta commissione secondo la metodologia suggerita incautamente dalla Banca d’Italia si determinerebbe maggiorando del 50% la CMS media rilevata trimestralmente dalla Banca d’Italia nel periodo;
- tale ipotesi “creata” dalla Banca d’Italia senza alcuna delega nè alcun supporto normativo né primario né secondario (nessun decreto trimestrale del MEF lo ha recepito) ha l’effetto di edulcorare ancor di più i vincoli di rispetto delle soglie d’usura introducendo di fatto una categoria “CMS soglia”, non prevista nel precetto penale con indebiti travasi di margini di flessibilità ove la presenza o meno del superamento della soglia non dipenda esclusivamente dall’entità di quanto richiesto per il credito erogato ma dalla natura del titolo (interessi ovvero CMS) dell’addebito operato;
- con la conseguenza che uno stesso importo riconosciuto per il credito erogato potrebbe risultare usurario se riconosciuto interamente a titolo di interesse e al contrario entro la soglia se riconosciuto in parte come interesse e come CMS così restando tradita la logica voluta dal legislatore della legge 108/96 al fine di individuare le sanzioni delle condotte usurarie;
- tale natura è avvalorata dalla stessa doppia frazione (con un denominatore diverso e quindi matematicamente non sommabile né comparabile) prevista dalla formula per il rilievo del TEGM indicata dalla Banca d’Italia nelle istruzioni fino al 2006 così concepita: “interessi x 36.500 / numeri debitori + oneri x 100 / accordato” (N.B.: i numeri debitori si ottengono moltiplicando il capitale per i giorni di utilizzo del capitale; gli oneri sono le commissioni di massimo scoperto e le spese collegate all’erogazione del credito; l’accordato è la somma prevista nel contratto di affidamento e messa a disposizione dalla banca al cliente);
- seguendo il dettato della lettera circolare 2/12/2015 i criteri della Banca d’Italia sarebbero i seguenti: interessi x 36.500 / numeri debitori + oneri x 100 / accordato + CMS x 100 / massimo scoperto = CMS soglia;
- secondo invece il criterio fissato dalle legge 108/96 il calcolo non può che essere fatto secondo la formula di matematica finanziaria universalmente riconosciuta che è la seguente (interessi + commissioni + spese) x 36.500 / numeri debitori.
La sentenza in commento pertanto sotto tale profilo oltre ad un inammissibile avallo di una condotta illegittima della Banca d’Italia violano i principi posti dalla legge 108/96 e dall’art. 644 IV co. c.p..
Il che appare sorprendente e sconcertante.
[1] “Ciò posto, va dunque precisato che l’apprezzamento nel medesimo contesto di tutti gli elementi determinativi della rimunerazione bancaria, al fine di pervenire, come accaduto, ad una unitaria e complessiva individuazione della incidenza della loro finale entità deve in realtà essere rivisto, essendo il giudice di merito tenuto a considerare l’autonomia della CMS, elemento non coincidente ex se con gli altri conteggiabili, ratione temporis, nella specifica ricostruzione del tasso-soglia usurario. Ogni eccedenza della CMS in concreto praticata rispetto alle entità massime fissate pro tempore dalle Istruzioni della Banca d’Italia non realizza pertanto di per sé un fattore rilevante al fine del superamento del tasso-soglia usurario, trattandosi di elemento diverso – nella fattispecie storica e perciò – non calcolabile nel medesimo coacervo di fattori di costo; pertanto l’eventuale usurarietà del rapporto bancario può conseguire solo da una giustapposizione che, assumendo dal valore percepito di periodo la CMS e riscontratene in ipotesi il superamento di percentuale rispetto a quella massima, (evidenziazione fatta dallo scrivente) vada ad aggiungere tale costo improprio e non dovuto all’interesse propriamente detto, verificando se, per tale via, non sia stato superato in modo indiretto il tasso-soglia per aver questo così oltrepassato lo spread del TEGM, addizionandosi ad un costo che, nella singola vicenda di finanziamento, abbai tuttavia operato non come CMS bensì come remunerazione sostanzialmente coincidente con l’interesse”.